L’Italia al tempo di Sanremo 2020

Sanremo è Sanremo. Odiato o amato, aspettato o snobbato, scontato o sfrontato. Sanremo entra nelle case degli italiani che questi lo vogliano o no, pure in quelle degli expat tramite i social, i meme di trash italiano e gli spam degli influencer. E mai come quest’anno è testimone di un’Italia spaccata in due. Partito con un boom di polemiche dopo le frasi sessiste (sì, erano sessiste e bigotte senza ombra di ‘ma’) di Amadeus, il Festival sembrava sull’orlo di un boicottaggio, ma alla fine gli italiani sono quel popolo che s’incazza e poi ci ride su. E allora via a fargli fare il 60% di share.

Sebbene pubblicizzato come il Festival della musica italiana, quest’anno si sono sprecate le parole, e la gente non sapeva più che santi pigliare all’una di notte. Probabilmente consci dell’insostenibile leggerezza del ‘cambio canale’, gli ospiti di Sanremo non si sono posti freno alcuno. Nel vero senso della parola. Litigate, colpi di scena, twerkate femministe, manifestazioni LGBT, vestiti improbabili. E inesorabilmente il risultato sono reazioni contrastanti che rivelano l’essenza stessa dell’Italia. Ad ogni outfit eccentrico di Achille Lauro, ad ogni momento di spontaneità e femminilità sfacciata di Elettra Lamborghini, ad ogni bacio libero da sessualità ristrette, il pubblico italiano ha reagito tirando allo stesso tempo pomodori e fiori. I fischi indignati di un’Italia ancorata al sistema patriarcale e tradizionalista, lontana dalla società attuale, schierata a difesa di valori datati, bigotti, dove la donna è donna, l’uomo è uomo, e tutto deve rimanere dentro schemi di rigido decoro. Insomma, la sagra del perbenismo e del sessismo al modico prezzo del canone Rai. Dall’altra parte però, il Festival ha portato alla luce anche la freschezza di un’Italia nuova a progressista, di un pubblico che se ne frega delle apparenze, che capta l’essenza della libertà e del coraggio di essere sè stessi. Un’Italia che incoraggia gli atti controcorrente e provocatori, che abbraccia la spontaneità, che non conserva nessun pudore legato alla sessualità, che volta le spalle ad etichette inventate da generazioni lontane e che danneggiano la definizione stessa di libero arbitrio. In altre parole, l’Italia di quelli che se so’ fatti quattro risate perché va bene così, viva la vita.

Dopo una settimana di duetti, cover, gossip e brillantini, Diodato si è portato a casa il premio di vincitore del 70° Festival della Canzone Italiana e lì nessuno ha avuto da ridire. Hanno vinto i versi che raccontano un amore, una sofferenza, un rumore assordante che solo un cuore spezzato riesce a fare, e l’abbiamo cantata tutti, in piedi sul divano, come per i mondiali del 2006 o per il Dottore che taglia il traguardo. Ce la siamo dedicata gli uni agli altri, ci abbiamo pianto su in ricordo di storie passate, l’abbiamo canticchiata per casa cucinando, suonata al pianoforte come Belen e De Martino che non hanno perso occasione per mostrare a tutti quanto sono boni e pure bravi. Perché alla fine, quando e luci si spengono, le ultime storie Instagram svaniscono, il trucco viene lavato, i vestiti appesi all’armadio, ecco, quando abbassiamo la guardia, poi resta l’amore. Ed è quello che ci unisce tutti, l’unica arma da usare contro il sessismo, l’omofobia, il razzismo, la bigotteria. L’amore, e una dose di sarcasmo e ‘te devi levà dar ca’ per quelli che l’amore non se lo meritano. Sanremo è Sanremo, ma noi siamo e amiamo quello e chi ci pare. Sempre.