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In viaggio col mona.

Viaggiare educa ed insegna, e fin qui, che tu sia o meno un fan di Thomas Cook, siamo tutti d’accordo. Visitare posti diversi permette di conoscere stili architettonici, letterature, cibo e arte. Insomma, te ne torni a casa un po’ più ricco di come sei partito – in senso figurato, si torna sempre col conto in rosso altrimenti che ci sei andato a fare in vacanza?

Eppure, a discapito di tutta questa bella ideologia, poi ci si guarda attorno e ci si chiede: “Ma perché molta gente parte “mona”* e torna “mona”?” In altre parole, perché la gente ha migliaia di timbri nei passaporti e poi è piena di pregiudizi e non riesce a vedere al di là del suo naso? Perché a molti non hanno spiegato un dettaglio fondamentale di quello che è il viaggiare: ogni qualvolta si entra in contatto con un determinato luogo, si entra in contatto con molte cose tra cui la politica, l’economia e la cultura. Ecco, ‘ste cose non stanno al negozio di souvenir e quindi uno compra una calamita da 2 euro e crede di essere a posto.

L’altro giorno, durante una discussione, mi è stato detto, letteralmente, che l’Italia non è accogliente, che è troppo cara, che nessuno ci vuole andare. Insomma, hanno fatto a pezzi gran parte della mia cultura e delle mie origini, e mi ci sono voluti tanti respiri profondi e parole diplomatiche per spiegare un paio di cose fondamentali a chi purtroppo non ha passato delle settimane piacevoli nel Bel Paese.

  • “A Firenze, Roma e Venezia siete antipatici e trattate male i turisti”. E te credo! Città come quelle sopra hanno flussi turistici allucinanti e molti turisti – non tutti, ma molti – hanno l’educazione di Tina Cipollari nelle sue giornate migliori (e.g. gente che fa all’ammmmmore tra le calli di Venezia – prendetevi una stanza (e non un Airbnb). La gente è stanca, sorridi e non ti aspettare un tappeto rosso.
  • “Milano, Firenze, Roma… tutto molto caro”. Città care anche per chi ci vive, tesoro. Vai a Trebaseleghe e stai sicuro che paghi niente. Città internazionali a livello di Parigi e Londra, che t’aspetti?
  • “Troppa coda per entrare nei musei”. Ammetto che avevo il ‘Vaffan****’ pronto, ma mi sono limitata ad elencare il valore inestimabile delle opere che stanno l’interno dei Musei Vaticani e della Galleria Degli Uffizi. Al Tate di Liverpool non c’è mai coda – e spesso anche poca arte a dirla tutta – ma prego.

Insomma, andare in Italia e non avere idea di come funzionino le cose, non ti permette certo di avere una visione obiettiva del posto in cui sei e non ti dà il diritto di fare della tua esperienza di qualche giorno una regola assoluta. Rimanere concentrati sulla maleducazione della receptionist ti fa perdere la bellezza del cameriere che ti racconta una barzelletta, la poesia delle birrette al tramonto guardando Castel Sant’Angelo, la luce che si specchia sul Danubio a Budapest, il silenzio di Piazza San Marco all’alba, la musica jazz nei locali di Montmatre a Parigi, la gentilezza degli artisti di strada in Piazza di Spagna a Siviglia.

Sbarcare in Andalusia nel Sud della Spagna e aspettarsi corride, aspettarsi bandiere spagnole nella regione della Galizia a nord-ovest del paese, arrivare in Francia e parlare in inglese senza accennare ad un po’ di francese, andare in Norvegia o in Marocco e lamentarsi del prezzo/poca scelta dell’alcool, ecco arrivare in un paese e non aprirsi a regole, costumi e culture diverse ti fa perdere l’unica parte importante del viaggio. Quella che ti permettere di essere un po’ meno mona.

In altre parole, quando siete in un paese straniero e vi vene voglia di lamentarvi, pensate a quelli che si stavano lamentando del vostro di paese e lo facevano solo perché non erano al corrente del contesto generale. E lo so che lamentarsi del cibo a Londra è facile, ma sparare sulla croce rossa non vale, dai, bevetevi un’altra pinta di birra e passa pure la paura del Fish and Chips!

*Espressione veneziana per “tonto, sciocco”.

Scritto da GiadaPerini

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